Convegno di presentazione del progetto "Dentro e Fuori - Percorsi di integrazione"
Articolo inserito martedì 21 aprile 2015
Ogni giorno tanti volontari entrano nei luoghi di detenzione, mossi da una passione disinteressata per la dignità e i diritti umani, portando in quell’angolo di mondo isolato e invisibile il calore della relazione umana che supera le barriere della stigmatizzazione della pena e della legge. Con l’obiettivo di dare a tutti i cittadini l’opportunità di “affacciarsi da finestre simboliche sul carcere”, le associazioni del territorio campano ed i rappresentanti delle istituzioni si sono incontrati al Centro direzionale di Napoli per discutere di percorsi di integrazione “Dentro e fuori” dal carcere. Un progetto, quello organizzato dall’Associazione La Sorgente, la cooperativa Il Quadrifoglio ed altre sigle, con il sostegno della Fondazione del Sud, che propone l’ attivazione di un servizio di informazione e orientamento rivolto ai detenuti e alle loro famiglie, con lo scopo di favorire percorsi di integrazione e facilitare il reinserimento sociale dopo la dimissione dal carcere, oltre che un servizio di consulenza giuridica e psicologica, laddove necessario. Con lo sportello “Dentro” i volontari si recano presso le strutture penitenziarie per incontrare i detenuti e realizzare attività di consulenza, sostegno e comunicazione. Gli sportelli “Fuori” realizzano attività concrete di collegamento con i servizi presenti sul territorio. In Campania vi sono 15 Istituti Penitenziari, cui vanno aggiunti gli ospedali psichiatrici giudiziari di Aversa e Napoli ed il comparto dei minorili. La condizione di vita in carcere mette a dura prova il rispetto profondo della dignità umana. Il sovraffollamento, la carenza di fondi sufficienti, rendono difficile l’impegno del personale carcerario, diventano occasione di violenza e di disperazione, sono spesso una pena aggiuntiva – fatta di invivibilità – alla pena da scontare per chi è detenuto.” In questo complesso universo è necessario fare rete per attuare un serio processo di rieducazione e reinserimento” – ha spiegato padre Carlo De Angelis, cappellano del carcere di Lauro e presidente dell’ Associazione La Sorgente, capofila del progetto.
In questo contesto si inserisce il lavoro delle tante associazioni presenti ogni giorno sul territorio per sensibilizzare la società civile che si trova a raccogliere i detenuti dimessi dalla struttura carceraria. Un percorso che si muove “oltre le mura dell’ indifferenza” , ha spiegato Samuele Ciambriello, presidente dell’Associazione La Mansarda, perché difendendo i diritti di ognuno si garantiscono i diritti di tutti.
“Nel programma si parla di rieducazione, una parola che sottintende una certa egemonia psicologica – ha aggiunto Adriana Tocco, garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale della Regione Campania – un termine che richiede soprattutto risorse, un vero impegno sociale ed un welfare attento”.
Al momento in Campania non ci sono detenuti sotto i parametri previsti dalle sentenze della Corte di Strasburgo – ha spiegato Claudio Flores, dirigente dipartimento amministrazione penitenziaria Provveditorato regionale della Campania – ma nonostante ciò ci sono 1400 detenuti che vivono in uno spazio che va tra i 3 e i 4 metri quadrati, che pur rientrando nei limiti previsti dalla sentenza, mostrano un problema comunque evidente da non sottovalutare. E poi c’è il problema del femminile con 97 posti disponibili in un’ area ad alto tasso di criminalità.
Floris ha anche ricordato che esistono alcune realtà che pochi conoscono: ci sono oltre 3000 detenuti che vivono attualmente nelle cosiddette “sezioni aperte” dove c’è la chiusura solo di notte. In pratica gli ospiti possono uscire dalla propria cella, recarsi in quella accanto o nei luoghi comuni, come il salone polivalente o nei cortili dei passeggi. Una nuovo concetto di detenzione che responsabilizza gli ospiti stessi.
Presente all’ incontro anche Nicola Caracciolo, presidente Associazione Laici Caracciolini che ha sottolineato l’ importanza della creazione di una rete locale di associazioni di volontariato che operi sul territorio per sensibilizzare la società che si trova ad accogliere gli ex detenuti. “Sappiamo che ogni progetto è una goccia in questo mare che è il dramma del carcere – ha aggiunto Nicola Caracciolo – ma è comunque un primo ed importante passo”.
Ciò che è davvero importante è non lavorare da soli, ciò che manca davvero alla rete è una logica sistemica – ha aggiunto Pino Centomani, responsabile dipartimento Giustizia minorile Campania e Molise– occorre un lavoro di individuazione di obiettivi comuni, è cosi’ che si crea il vero sistema”.
Presente all’ incontro Carmen Campi, la direttrice della Casa di reclusione di Carinola, un’ istituto che in passato aveva una destinazione all’alta sicurezza. Attualmente, si caratterizza per la sperimentazione di modelli di “sorveglianza dinamica” e di “custodia attenuata”.
Una serie di esempi e testimonianze diverse che portano ad un’ unica consapevolezza: “La rete delle associazioni sono un po’ più avanti delle istituzioni”. Questo il bilancio dell’ on. Antonio Marciano, consigliere regionale del Partito Democratico che ha aggiunto: “Quanto investiamo sul capitale umano? Quanto il problema di chi è dentro diventa un problema della comunità? Noi siamo abituati a riconoscere come un non problema ciò che non vediamo”, ha sottolineato Marciano. Da questa consapevolezza può e deve partire una seria svolta culturale” .
Nelle conclusioni Ciambriello ha dato appuntamento a un prossimo incontro organizzato dal provveditorato regionale della giustizia ed ha risposto positivamente, a nome della rete delle associazioni presenti, all’invito della direttrice del carcere di Carinola di essere presenti in quell’istituto con esperienze pilota.
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